Settantatreesimo appuntamento con la rubrica “Poesia a confronto” sul blog “Laboratori Poesia“.
Il tema affrontato oggi è Solitudini con il confronto fra poesie di Petrarca, Leopardi, Camerana, Pavese.
La solitudine è uno degli stati d’animo più frequenti; spesso osteggiata, per l’inquietudine che induce, altre volte ricercata come luogo della riflessione interiore e del raccoglimento, è senza dubbio lo spazio dove è solita nascere la poesia.
Il sonetto di Petrarca, molto celebre, con cui apriamo questa rassegna, è tutto giocato su una serie di contrapposizioni e di ossimori, che servono a dare evidenza alla conflittualità interiore di chi, da un lato, cerca di fuggire dalle pene d’amore e, dall’altro, vi è impossibilitato, perché il confronto e il dialogo con Amore sono irrinunciabili. Gli spazi deserti, la loro vastità (amplificata con l’uso del polisindeto e della elencazione), in cui il poeta cerca rifugio per sottrarsi agli occhi indiscreti della gente, non riescono dunque a essere consolatori; la natura stessa sembra comprendere il travaglio del poeta, che non può mentire, sottraendosi al sentimento che lo assilla.
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FRANCESCO PETRARCA
(Da Rerum Vulgarium Fragmenta (Canzoniere) – 1374)
Solo et pensoso i più deserti campi
vo mesurando a passi tardi et lenti,
et gli occhi porto per fuggire intenti
ove vestigio human l’arena stampi.
Altro schermo non trovo che mi scampi
dal manifesto accorger de le genti,
perché negli atti d’alegrezza spenti
di fuor si legge com’io dentro avampi:
sì ch’io mi credo omai che monti et piagge
et fiumi et selve sappian di che tempre
sia la mia vita, ch’è celata altrui.
Ma pur sì aspre vie né sì selvagge
cercar non so ch’Amor non venga sempre
ragionando con meco, et io co·llui.
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L’appuntamento con “Poesia a confronto” è a martedì prossimo.
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