Sul lit-blog Laboratori Poesia trovate oggi la nota di lettura alla nuova raccolta di poesie “Il condominio S.I.M.” (Stampa2009, Varese – 2020) di Alessandro Canzian, poeta e editore, che ci propone un nuovo lavoro molto interessante, scritto con sapienza. La frequentazione è consigliata a chi ama la poesia.
Dalla nota di lettura:
Alessandro Canzian ci offre questo suo ultimo lavoro, oggetto di una riflessione profonda e di continue riscritture che hanno coperto diversi anni per portare al frutto definitivo che possiamo oggi leggere, avendo a stella polare sempre un riferimento certo, quello del titolo, riferito a un luogo ben preciso, quel condominio degli anni ’70 a Maniago diventato tale, obtorto collo, a seguito di una “variazione della destinazione d’uso”, che lo vede da hotel trasformato in condominio non appena capita la scarsa redditività dell’operazione inizialmente intrapresa. Insomma, un luogo nato da subito sotto una stella sbagliata, pronto a diventare ricettacolo di storie altrettanto sbagliate (come quelle di ognuno, forse). E il condominio, infatti, con la sua presenza ingombrante e anonima, sempre a metà fra luogo ben determinato e non-luogo in cui si concentra una moltitudine di volti che non riescono a trovarvi una vera casa, è dunque il protagonista di un avvicendarsi di vite comuni (bene riassunte dal verso: “un sorriso alla varechina”), eppure eccezionali nella loro unicità tutta drammatica e contraddittoria, su cui si concentra l’occhio discreto eppure estremamente sensibile e intuitivo dell’autore che le ritrae senza filtri, fedele alla scuola di un realismo estremo, tutto concentrato sul dato, in una resa per fotogrammi sovrapposti che sbalzano dal foglio con la loro semplicità evidente, tuttavia capace di sorprendere, come raramente accade, il lettore.
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Ecco allora la pratica coerente di uno stile, elemento essenziale per la riuscita e l’auto-tenuta di ogni dizione poetica: versificazione breve e molto concisa, poesie anch’esse di pochissimi versi, totale assenza di paratassi, periodare secco e a tratti lapidario, uso parco delle figure retoriche, limpidezza del linguaggio in un registro piano che non cede mai al letterario o al magniloquente, aggettivazione minima e chirurgica in funzione del dettaglio che si vuole rappresentare, mai nessuna tentazione pindarica per “l’effetto speciale”. L’altro punto di forza della scrittura di Canzian sta proprio qui: saper instaurare quel processo di immedesimazione, di rispecchiamento mimetico fra il lettore e i protagonisti delle sue storie, così che la poesia non resti materia astratta, ma materia viva che si intride con l’esperienza, con l’esistenza di ciascuno e quindi incide sulla sua interiorità, lo spinge alla riflessione e, eventualmente, al cambiamento, al sovvertimento necessario delle prospettive date per assodate.
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Questo libro, anzi, potrebbe essere il classico esempio di libro di poesia a cui può avvicinarsi anche chi la poesia la diserta da anni, perché Canzian non crea steccati, cerca di tendere una mano al lettore, si apre al mondo, e all’altro. Dove questa poesia riesce a fare un passo oltre è nella sua capacità di introdurre degli improvvisi scarti di pensiero o di situazione che, generalmente posti in corrispondenza della chiusa, sovvertono la logica lineare del racconto in versi e sferrano quel decisivo “pugno nello stomaco” che sintetizza il quadro, lo porta a compimento secondo la logica di un superamento (aufhebung) dialettico: da un lato i dettagli specifici delle storie vengono rimossi, per così dire archiviati nella loro evidenza, dall’altro vengono elevati e rimodulati per offrire quel messaggio di universalità che, in sostanza, è l’aspirazione di ogni poesia civile, a misura d’uomo quindi, nel senso più ampio del termine.
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È un libro da leggere e da rileggere quest’ultimo di Canzian, meglio se tutto d’un fiato come la sua brevità consente per introiettarne tutto il suo mondo senza soluzione di continuità, un libro capace di aggiungere senso a ogni sua nuova frequentazione, come ci si aspetta da un’opera che vale, che aspira a durare oltre quella volatilità intrinseca, oltre quella obsolescenza rapida (purtroppo applicabile anche a molte pubblicazioni di poesia) che il nostro tempo sembra volerci imporre. Insomma, un libro a cui volere bene, sincero e ricco di umanità, scritto per ciascuno di noi, “per ricordare cos’è l’amore” o “il motivo del suo dolore”.
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