Cinquantesimo appuntamento con la rubrica “Poesia a confronto” sul blog “Laboratori Poesia“.
Il tema affrontato oggi è Sonetti per il nuovo millennio con il confronto fra poesie di Scartaghiande, Raboni, Frasca, Mari.
Il sonetto è una delle forme metriche tradizionali più prestigiose e anche nel nuovo millennio mantiene inalterato il suo fascino grazie alla compattezza stilistico-formale che impone, grazie al legame imperituro verso la nostra storia letteraria. Questo porta gli autori contemporanei a considerare il sonetto un imprescindibile banco di prova per verificare le proprie capacità tecniche o un modello di riferimento da rivitalizzare o scardinare dall’interno per nuove esigenze espressive.
Di sonetti parla nel titolo della sua celebre raccolta anche Gino Scartaghiande, abbinandovi in modo inconsueto la dedica improbabile a un “King Kong”, servendosi in realtà di forme metriche che del sonetto hanno solo una vaga parvenza: il riferimento al genere va inteso in senso più ampio, probabilmente per la prevalenza del tema amoroso che permea questi versi. Della necessità di ricreare, compito assiomaticamente affidato al poeta, ricreare come “condanna”, parla del resto lo stesso autore nell’ultimo dei sonetti, i quali si contraddistinguono per il linguaggio che, con un’ibridazione molto originale, combina termini tecnici (“genoma”, “occipite”, “antimateria”, “pendolo galileiano”) con altri più comuni e colloquiali (“t’amo”, “m’ami”, “mi baci”), oltre che per i periodi brevi o brevissimi spesso spezzati, per una carnalità di fondo che li attraversa unita al senso della perdita, della disillusione per un amore ormai cosa rotta, frantumata.
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GINO SCARTAGHIANDE
(da “Sonetti d’amore per King Kong” – Cooperativa scrittori, 1977)
SONO FUMOSE IDENTITÀ
Era ancora un’identità fumosa.
La pelle per esempio: scaglie
verdi, lucertole. Il genoma,
questa puttana perseverante
(sui marciapiedi di quale
cellula?)
Mai avrebbe smesso. Ma io
t’amo King Kong. Sconoscenza
altrettanto brutale del
pendolo galileiano.
Vieni con la narice dilatata.
Come un altro verbo in codice
tra il grattacielo e
l’elettrocardiogramma.
Ma io t’amo. Tu m’ami.
Mi baci, mi penetri,
penetro in te. Antimateria
ancora più violenta del corpo.
Come l’angelo coprofago
che rincorre la sintesi.
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L’appuntamento con “Poesia a confronto” è a martedì prossimo.
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