Su Almanacco Punto, rivista di poesia a cura di puntoacapo, è stata pubblicata la recensione a “La crepa madre” di Carlo Tosetti (Pietre Vive, 2020).
Scrivo nella nota di lettura:
“Riferendoci alla analisi condotta da Guido Mazzoni (“Sulla poesia moderna”, Il Mulino, 2005), se lo “spazio della poesia moderna”, ossia il suo dominio nella accezione insiemistica, è occupato al centro dalla poesia lirica (ossia la poesia che è espressione di un io determinato e circostanziato, non idealizzato ma capace di esprimersi in modo personale e espressivo), alla periferia di questo spazio si colloca tutto un insieme di generi poetici, per così dire minoritari, che, pur sempre espressione consapevole della modernità, vengono meno a questa linea dominante, vantando in ogni caso importanti riferimenti letterari e testi esemplari che li contraddistinguono. All’interno di questa periferia si colloca anche il genere del long poem, il poema di ampio respiro, per lo più di impostazione didascalica oppure epico-narrativa, in cui l’io si determina grazie alla personalità della dizione e delle scelte stilistiche più che per la sua presenza circostanziata di soggetto poetante e quindi monopolizzatore del dire poetico. Nel momento in cui un autore come Carlo Tosetti, ben consapevole del linguaggio della modernità, sceglie nel 2020 di comporre un poema, sa molto bene di voler frequentare questa periferia, di incarnare in un certo modo un comportamento dissidente rispetto al gusto prevalente, ma sa anche che, come è tipico di ogni periferia, e dunque anche di quella letteraria, l’avvicinamento al limes, allo spazio di confine della regione letteraria a cui la poesia è ascrivibile, è ricco di incontri imprevisti, di contaminazioni, di terreni inesplorati che possono offrire nuova linfa, materiale inedito al verso.
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La Crepa madre è dunque un poema – classificazione che si può effettuare con buona confidenza di non essere smentiti – per quanto riuscire a circostanziarlo in un sottogenere preciso possa risultare più problematico: c’è sicuramente un piano narrativo (e quindi per estensione epico) condotto nel rispetto di una diacronia fedele alla sequenza degli eventi, ma c’è anche un piano fantastico (e quindi mitico o anagogico in senso lato) che porta a un’astrazione dal dato storico e cronachistico in uno spazio di spiritualità evidente, e c’è un piano didascalico (o pedagogico, per certi versi, o ancora scientifico-documentaristico) con frequenti inserzioni nella trama e con una sua godibilità autonoma, attraverso micro-digressioni che vivono di una luce tutta loro, indipendente. Questa sovrapposizione di piani dà il quadro evidente della modernità dell’opera che, ibridando di fatto generi e temi, porta a costruire un corpo vivo, un organismo poetico di una specie nuova, metamorfico.
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È un lavoro di frontiera, quello di Tosetti, che come tale può generare divisioni fra gli addetti del settore, opinioni contrastanti nei giudizi che se ne possono trarre sulla riuscita estetica nel suo insieme. Questo lavoro ha, in ogni caso, il coraggio di porsi come “rottura”, “crepa” necessaria a un certo esercizio routinario della scrittura: è un lavoro quindi originale, valido, un poema di ricerca senza sperimentalismi vacui. E, come ci ammonisce alla fine dell’opera l’autore, incarna l’idea di una scrittura viva e totale, che sarebbe sbagliato considerare solo gioco stilistico, “metafora, allegoria”.
Fabrizio Bregoli
La nota di lettura integrale e una selezione di testi sono disponibili su Almanacco Punto
Buona lettura!

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