Trentaquattresimo appuntamento con la rubrica “Poesia a confronto” sul blog “Laboratori Poesia“.
Il tema affrontato oggi è Autunno, con il confronto fra poesie di Verlaine, Cardarelli, Sereni, Lamarque.
L’autunno è la stagione in cui si consuma la morte dell’estate, della bella stagione, in un percorso di transizione irreversibile che ci porta alla inesorabilità dell’inverno.
Bene ci trasmette questa idea di malinconia, di languore interiore la canzone di Verlaine in cui la prima strofa si serve di espedienti sonori e assonanze con la prevalenza della vocale ‘o’ che trasmettono efficacemente questo senso di abbandono, di monotonia delle ore. Il ricordo dei giorni passati diventa opprimente, fino al pianto, e a dominare la scena è unicamente un “vento malvagio” che trascina nel suo vortice inesorabile, come se anche l’uomo diventasse una “foglia morta”. L’autunno diventa qui metafora di un’intera epoca storica, che avverte la propria decadenza, uno smarrimento esistenziale profondo e incurabile.
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PAUL VERLAINE
(Da “Poèmes saturniens” – Alphonse Lemerre, 1866)
CHANSON D’AUTOMNE
Les sanglots longs
Des violons
De l’automne
Blessent mon cœur
D’une langueur
Monotone.
Tout suffocant
Et blême, quand
Sonne l’heure,
Je me souviens
Des jours anciens
Et je pleure;
Et je m’en vais
Au vent mauvais
Qui m’emporte
Deçà, delà,
Pareil à la
Feuille morte.
CANZONE D’AUTUNNO
I singhiozzi lunghi
dei violini
d’autunno
feriscono il mio cuore
con un languore
monotono.
Tutto affannato
e smorto, quando
rintocca l’ora,
io mi ricordo
dei giorni passati
e piango;
e me ne vado
nel vento malvagio
che mi sconquassa
di qua, di là,
proprio come la
foglia morta.
(traduzione di Fabrizio Bregoli)

L’appuntamento con “Poesia a confronto” è a martedì prossimo.
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