Su “Mutazioni” di Gianni Ruscio (Terra d’ulivi, 2022)

È un libro senza compromessi questo ultimo lavoro di Gianni Ruscio, che sceglie di servirsi di un linguaggio netto, senza mediazioni. La parola si espone in presa diretta, pronta a incidere e sezionare la sua materia, senza inibizioni ma con sincerità estrema, anche a costo di risultare sgradevole o impudica. Il tema di fondo è la fragilità della nostra condizione di uomini, la volontà di riscatto rispetto a una precarietà di base dichiarata a chiare lettere, con lucidità e senza compiacimenti a un facile nichilismo:

a ricordarci che siamo

masse di niente che viene

dal niente niente tutto

pieno pieno tutto vuoto

straripante di sperma

straripante di mente.

Questo porta, nella prima parte del libro (la “prima mutazione”), a un’attenzione, anche parossistica, ai dettagli del corpo, alla disamina degli organi, con il ricorso prevalente alla metafora della macellazione e dello smembramento, anche in un’accezione misterica, rituale:

Eravamo il punto

di contatto superficiale

con le secrezioni i nervi i muscoli

che ferocemente e con bocca vorace

assalivamo nel ritardo accumulato

dell’esistenza. Esiste l’animale come

non esiste l’uomo

non esiste dio.

Il riconoscimento del limite biologico, costitutivo per l’uomo, è ribadito fin dal titolo: “mutazione” è innanzitutto termine scientifico che si riferisce alla trasformazione a cui è soggetto il patrimonio genetico di ogni specie vivente, alla sua alterazione imprevedibile, in un complesso insieme di modificazioni e ricombinazioni che riproducono la vita, la ripetono in una architettura di variazioni sempre inattese. Nella “prima mutazione” assistiamo dunque a una catabasi totalizzante fino all’annullamento di sé, nella constatazione della illusorietà di ogni certezza insita nella percezione dell’io come fattore identitario, come radice solida dell’esistente.

Da qui è possibile solo la risalita, la riemersione, la mutazione dallo stato amniotico all’esercizio del respiro. Ed è la nascita infatti il tema conduttore sotterraneo della silloge, come emerge con evidenza nella seconda parte del libro (la “seconda mutazione”): origine di una nuova vita e possibilità di rinascita per chi quella vita l’ha procreata, gli ha dato la possibilità di declinarsi, di uscire dall’oblio per entrare nel dominio della memoria. Figlio che diventa dono per ritrovare sé stessi, sottrarsi alla replicazione asettica e divorante dell’esistente, convertire il gioco della necessità nella riappropriazione di un centro stabile, aggregante.

Veniva e andava il tuo sorriso

quando a far giochi mi giravo

di schiena

e tu mi assalivi senza preavviso:

scalavi le mie spalle

piccola tentazione

e io ritrovavo le mie ali

perdute.

Spazio e tempo diventano così “ampiezza estetica”, coordinate nuove per riscoprire possibilità, un’alternativa a dimensione d’uomo. La scrittura di Gianni Ruscio è particolarmente densa, concentrata. Assistiamo a un uso molto rilevante della metafora, dell’analogia, della sineddoche, il che contribuisce a una poesia ricca di scarti laterali, varchi che chiedono un attraversamento profondo, un camminamento sempre al limite della caduta nell’abisso, senza potersi reggere a un comodo corrimano. Si rimane spiacevolmente storditi, a tratti privi di riferimenti rassicuranti, ma mai lasciati soli, sorretti da una parola che si offre come guida, “verbo del senso” a chi saprà intuirlo, farlo proprio.

Copertina del libro tratta dal sito dell’editore Terra d’ulivi http://www.edizioniterradulivi.it/mutazioni/320

Una selezione di testi è disponibile sul blog Poeti Oggi

https://www.poetioggi.com/2022/06/gianni-ruscio-mutazioni-terra-dulivi.html

Pubblicato da Fabrizio Bregoli

Fabrizio Bregoli, nato nel bresciano, risiede da vent’anni in Brianza. Laureato con lode in Ingegneria Elettronica, lavora nel settore delle telecomunicazioni. Ha pubblicato le raccolte di poesia: “Cronache provvisorie (VJ, 2015), “Il senso della neve” (puntoacapo, 2016), “Zero al quoto” (puntoacapo, 2018), “Notizie da Patmos” (La Vita Felice, 2019). Ha inoltre realizzato per i tipi di Pulcinoelefante il libriccino d’arte “Grandi poeti” (2012) e per la collana Fiori di Torchio la plaquette “Onora il padre” (Serégn de la memoria, 2019). Sue opere sono incluse in “Lezioni di Poesia” (Arcipelago, 2015) a cura di Tomaso Kemeny e in “iPoet Lunario in Versi 2018” (Lietocolle, 2018), sulle riviste “Il Segnale”, “Atelier”, “Alla Bottega”, “Le voci della luna”, “Il Foglio Clandestino”, “Frequenze poetiche” e in numerose antologie e blog di poesia. È fra gli autori aderenti e censiti sul sito Italian Poetry, nato per la diffusione della poesia italiana nel mondo. Gli sono stati assegnati numerosi premi fra i quali: per la poesia inedita, i Premi “San Domenichino”, “Il Giardino di Babuk”, “Giovanni Descalzo”, “Dante d’Oro” , il “Premio della Stampa” al Città di Acqui Terme; per la poesia edita i Premi “Guido Gozzano”, “Rodolfo Valentino”, “Città di Umbertide” e il “Premio Letterario Internazionale Indipendente”. È stato inoltre finalista ai Premi Caput Gauri, Lorenzo Montano e Bologna in Lettere. Sulla sua poesia hanno scritto Tomaso Kemeny, Giuseppe Conte, Ivan Fedeli, Mauro Ferrari, Piero Marelli, Vincenzo Guarracino, Corrado Bagnoli, Sebastiano Aglieco, Paolo Gera, Sergio Gallo, Stefano Vitale, Eleonora Rimolo, Pierangela Rossi, Enea Roversi, e molti altri. Collabora come recensore con il sito “CasaMatta", con la pagina Facebook “Poeti Oggi” e fa parte della redazione di Laboratori Poesia per cui cura la rubrica “Poesia a confronto”.

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