
Colpisce fin dalla sua prima lettura questa silloge, così compatta e ben costruita, pubblicata dall’Editore Fallone, da sempre orientato a scelte di qualità e coraggioso nelle sue proposte. La silloge si inserisce nel genere della letteratura di viaggio in versi, del baedeker in versi, se preferite, riuscendo però a sovvertire rigidità e schematismi che il genere comporterebbe. Si tratta di una breve silloge di dodici poesie, strutturate in realtà in sei coppie, corrispondenti a sei località per ciascuna delle quali compare prima una poesia con il nome in italiano del luogo e poi una seconda con il nome in croato; si origina così un rapporto di canto e di controcanto, capace di rappresentare la realtà del luogo da una duplice prospettiva: prima quella del turista incuriosito dal fascino e dalla bellezza, se non dalla singolarità, del luogo (“più gli aggettivi non bastano allo stupore”); poi quella più nascosta e tragica del luogo in cui ancora restano le tracce della guerra che ha attraversato il Paese, devastandolo con morti e distruzioni, segni o lacerti di un passato che condensa “in strappi la memoria”.
La parola poetica di Schiavoni, che dedica la raccolta “al mio cognome” proprio a sottolineare come in noi si deposita e si rivitalizza la radice a cui apparteniamo, genera quindi un processo interessante di intersezioni, di letture sovrapposte in un quaderno che nasce certamente da un viaggio, ma è soprattutto un percorso interiore attraverso la storia dei luoghi, quella che non si dimentica, che lascia cicatrici indelebili, comprensibili pienamente solo da chi le ha vissute sulla sua carne: “perché per sempre saremo bambini / sotto i bombardamenti di Baghdad / siamo ancora ragazzini tra le granate di Mostar”, versi questi in cui si superano le distanze geografiche dei luoghi, perché la guerra è un male identico ovunque, semina solo odio e dolore, anche quando la si maschera come “guerra patriottica”.
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