Su “Al centro della piena” di Nicola Romano (Il ramo e la foglia, 2023)

L’ultimo lavoro di Nicola Romano è l’opera matura di un autore che ci lascia anche la sua personale testimonianza poetica e umana. Come recita il titolo, l’autore raccoglie una serie di testi che sono rappresentativi della “piena” in cui è stata travolta la sua vita negli ultimi anni, esperienza centrale con la malattia e il dolore, tramite che porta Nicola Romano a una riflessione amara e disincantata sull’esistenza, acme di un percorso poetico che trova compiutezza estrema. La poesia di Nicola Romano continua ad affermarsi e a distinguersi per la limpidezza della dizione, per l’essenzialità della scrittura in cui ogni termine, ogni espressione sono scelti con sobrietà ed incisività, senza titubanze espressive e stilistiche. Tuttavia Nicola Romano non ha la presunzione di essere ultimativo ma si muove sempre con l’umiltà , tipica dei veri poeti , che si confrontano con la realtà dell’esistenza da un punto di osservazione privilegiato, ma non esclusivo, sulla stessa linea d’orizzonte del lettore che viene così condotto a una condivisione partecipata, per sperimentare queste “prove di smarrimento / quando passione urla / e tutto tace”. La fragilità dell’esistenza si traduce qui in un nuovo rapporto, o meglio un rapporto riconquistato, istintivo e sincero con gli elementi della vita e della natura (luna, ulivi, lampi, mare, e molti altri), con evidenti rimandi alle origini dell’autore, in un recupero memoriale che non è mai elegiaco, ma mezzo espressivo per un’esposizione piana ed equilibrata del dramma, per quanto “fingendo spigliatezza / sopra i carboni ardenti”.

Nicola Romano ribadisce con questi versi la necessità di superare la tracotanza di Cronos con la riscoperta di Kairòs, “il mio tempo interiore”, sottraendo allo scorrere irreversibile e distruttivo del tempo quegli attimi che valgono e debbono essere preservati come “punti luce”, “per poi varcare l’uscio / verso il niente”. Tutto è guidato da un sentimento di concretezza e di misura, dall’accettazione responsabile per quanto drammatica del corso degli avvenimenti, con un esito di preghiera laica, tanto più autentica quanto più l’autore stesso sembra smentirla: “e – come mai accaduto – / sentirsi in colpa per una poesia / che toglie il tempo / a una preghiera”; “Padre che sei già nostro / diventa un po’ più mio” […] “anche se fossi scarto di paranza / e nel gonfio mio petto / togli ogni scoria delle mie rovine”. La versificazione è estremamente controllata, condotta con garbo, privilegiando le misure brevi – soprattutto settenari, ma anche ottonari e novenari – con qualche ricorso a misure più ampie nell’intorno dell’endecasillabo; le figure retoriche e i “trucchi del mestiere” sono limitati allo stretto necessario, volendo l’autore puntare soprattutto sulla leva dei contenuti; l’esperienza rivendica così il proprio predominio rispetto alla letteratura, come ha modo di dirci lo stesso autore nell’ottimo testo conclusivo: “T’accorgerai per tempo / d’una fonia che raschia e senza metro / d’un settenario molle / e un po’ spuntato / un verso senza sangue / e senza nervo che nella foga spinge / e non deflora “. Insegnamento, quest’ultimo, di cui è bene che i poeti tengano conto.

Questo postumo “Al centro della piena” è quindi l’ulteriore conferma di una voce poetica di valore, mai sopra le righe e mai invadente, ma capace di confermarsi rappresentativa e personale, come sostenuto da Roberto Maggiani che, giustamente, parla di ” ponderata ricerca della parola e del ritmo in una lingua poetica che non lascia dubbio sul fatto che sia per noi un ponte tra Novecento e Duemila, passaggio, più che obbligato, direi desiderato e desiderabile da molti giovani poeti”, in un immaginario passaggio del testimone di cui crediamo che Nicola Romano, oltre ad esserne meritevole, sarebbe particolarmente orgoglioso.

Immagine della copertina tratta dal sito dell’editore: https://www.ilramoelafogliaedizioni.it/notizia.asp?IdNotizia=889

Per ulteriori informazioni sul libro si invita a consultare il sito dell’editore

Pubblicato da Fabrizio Bregoli

Fabrizio Bregoli, nato nel bresciano, risiede da vent’anni in Brianza. Laureato con lode in Ingegneria Elettronica, lavora nel settore delle telecomunicazioni. Ha pubblicato le raccolte di poesia: “Cronache provvisorie (VJ, 2015), “Il senso della neve” (puntoacapo, 2016), “Zero al quoto” (puntoacapo, 2018), “Notizie da Patmos” (La Vita Felice, 2019). Ha inoltre realizzato per i tipi di Pulcinoelefante il libriccino d’arte “Grandi poeti” (2012) e per la collana Fiori di Torchio la plaquette “Onora il padre” (Serégn de la memoria, 2019). Sue opere sono incluse in “Lezioni di Poesia” (Arcipelago, 2015) a cura di Tomaso Kemeny e in “iPoet Lunario in Versi 2018” (Lietocolle, 2018), sulle riviste “Il Segnale”, “Atelier”, “Alla Bottega”, “Le voci della luna”, “Il Foglio Clandestino”, “Frequenze poetiche” e in numerose antologie e blog di poesia. È fra gli autori aderenti e censiti sul sito Italian Poetry, nato per la diffusione della poesia italiana nel mondo. Gli sono stati assegnati numerosi premi fra i quali: per la poesia inedita, i Premi “San Domenichino”, “Il Giardino di Babuk”, “Giovanni Descalzo”, “Dante d’Oro” , il “Premio della Stampa” al Città di Acqui Terme; per la poesia edita i Premi “Guido Gozzano”, “Rodolfo Valentino”, “Città di Umbertide” e il “Premio Letterario Internazionale Indipendente”. È stato inoltre finalista ai Premi Caput Gauri, Lorenzo Montano e Bologna in Lettere. Sulla sua poesia hanno scritto Tomaso Kemeny, Giuseppe Conte, Ivan Fedeli, Mauro Ferrari, Piero Marelli, Vincenzo Guarracino, Corrado Bagnoli, Sebastiano Aglieco, Paolo Gera, Sergio Gallo, Stefano Vitale, Eleonora Rimolo, Pierangela Rossi, Enea Roversi, e molti altri. Collabora come recensore con il sito “CasaMatta", con la pagina Facebook “Poeti Oggi” e fa parte della redazione di Laboratori Poesia per cui cura la rubrica “Poesia a confronto”.

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