Cinquantasettesimo appuntamento con la rubrica “Poesia a confronto” sul blog “Laboratori Poesia“.
Il tema affrontato oggi è La Fabbrica con il confronto fra poesie di Volponi, Sereni, Di Ruscio.
La fabbrica (e quindi l’esperienza dell’operaio che vi lavora) sono temi che entrano nella letteratura italiana – e nella poesia ancora di più – relativamente tardi, forse per resistenza di fronte a un materiale ritenuto di per sé impoetico e certamente poco funzionale rispetto alla matrice prevalentemente lirica della poesia italiana. È soprattutto nel XX secolo, con le avanguardie storiche, che i temi relativi alla tecnologia (si pensi al Futurismo) iniziano gradualmente a prendere piede e solo nel dopoguerra il tema della vita in fabbrica inizia ad assumere quell’evidenza che la nuova società industriale, dal boom economico in poi, pretende.
[…]
Di vita in fabbrica molto concretamente parla Sereni a proposito di una sua “visita in fabbrica”: qui siamo negli anni del boom economico e ciò che Sereni denuncia è una certa assuefazione («Non ce l’ho – dice – coi padroni. Loro almeno / sanno quello che vogliono. Non è questo, / non è più questo il punto» dice la splendida apertura dialogica), assuefazione che, in virtù del benessere che il salario, anche povero, può offrire, spinge l’operaio a una tacita e accettata alienazione, una schiavitù del suo tempo (si veda la citazione leopardiana; “E di me si spendea la miglior parte”) e dei suoi interessi, assuefazione che percepisce però come benevola. Allora l’operaio vive “sempre in regresso sul lavoro / o spento in esso” per avere quel pane che, dantescamente, sa amaro – a patto però di esserne davvero consapevole. Ma questo equilibrio, ci lascia capire Sereni, è inevitabilmente precario: l’esigenza di un’umanità che rivendica il proprio spazio di libertà è ineliminabile, “un grido troppo tempo in noi represso” è destinato a farsi sentire: occorre solo saper attendere. L’ambiente della fabbrica, per quanto ben organizzato, funzionale, generatore di reddito è pur sempre un “asettico inferno” come ci ricorda lo splendido ossimoro nella chiusa.
[…]
VITTORIO SERENI
(da Gli strumenti umani – Einaudi, 1965)
UNA VISITA IN FABBRICA
V
[…]
Ma beffarda e febbrile tuttavia
ad altro esorta la sirena artigiana.
Insiste che conta più della speranza l’ira
e più dell’ira la chiarezza,
fila per noi proverbi di pazienza
dell’occhiuta pazienza di addentrarsi
a fondo, sempre più a fondo
sin quando il nodo spezzerà di squallore e rigurgito
un grido troppo tempo in noi represso
dal fondo di questi asettici inferni.
Continua sul blog “Laboratori Poesia“:
https://www.laboratoripoesia.it/poesia-a-confronto-la-fabbrica/

L’appuntamento con “Poesia a confronto” è a martedì prossimo.
Per consultare l’elenco di tutte le uscite del martedì della rubrica Poesia a confronto accedere al link.