Condivido con piacere l’intervista a un autore che leggo e stimo, Alfredo Rienzi, qui interrogato con sensibilità e perspicacia dalla cara Raffaela Fazio.


Alfredo, iniziamo da qui: secondo te, il limite della poesia è la sua forza (o può diventarlo)?
Per rispondere dovrei avere ben chiaro cosa posso considerare come “limite” della poesia e forse anticipare una qualche definizione, fatalmente soggettiva, ma, per brevità, mi concentrerò su due aspetti.
Il primo è intrinseco: la poesia, con la sua necessaria densità e concentrazione verbale e semantica si fa carico di una rappresentazione del mondo incompleta, frammentaria, parzialissima rispetto alle possibilità della prosa e della saggistica. Ma nell’equilibrio, secondo me necessario e inevitabile, tra il detto e il non detto si incontrano, appunto, i limiti e le potenzialità del verso. Il non-detto richiede confidenza con il silenzio, con il pre-verbale, con il secretum intuitivo. Apre porte, spiragli, prospettive (più delle altre forme di scrittura), che offrono ad ogni lettore (ogni ascoltatore del non-detto) il proprio angolo di visuale. In una realtà orfana, per sua stessa…
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