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P. Marelli su “Notizie da Patmos”

Notizie da Patmos – Sulla poesia di Fabrizio Bregoli

Non bisogna lasciarsi “ingannare” da una poesia che si presenta con l’apparenza di un discorso lineare e legata da una precisione del dire che si riscontra in tutte le esperienze che si sono succedute nel lavoro di Fabrizio Bregoli. Ma, diciamolo meglio, non è l’ungarettiano “uomo di pena” che cammina in questi versi, bensì il poeta di Notizie da Patmos è il compagno di strada di un certo Montale, anche lui in attesa di un annuncio, un miracolo, o rivelazione, tutti attraversati da una voce che si è spogliata del superfluo poetico, tracciato in molta lirica di questi anni. Questa è la personale Apocalisse (catastrofe o rivelazione?), con le sue notizie poetiche ed esistenziali, la sua appartenenza, e insieme la sua inappartenenza, che forse neppure una speranza “matematica” riesce a portare a risarcimento del suo laboratorio linguistico, quello che si è impegnato a risemantizzare una parte del lessico scientifico contemporaneo, proponendolo come personale metafora. Una poesia che, soprattutto, cerca di agire sul destino dell’autore inteso come personaggio di fondo, monologante, dove, però, la traccia che rimane rivela un’impossibilità (ancora montaliana?) di concludersi in una prospettiva o almeno in un’ipotesi possibile di senso, cercato sì, ma continuamente rimandato in un altrove che, probabilmente, esiste prima e dopo la poesia stessa.

[…]

Certamente, un lettore solo scolasticamente educato alla poesia, potrà sentire un poco ostico questo linguaggio – vedi il capitolo (Digressione quantistica) – che si è, in qualche modo, spostato da tutta una tradizione lirica, ma si rassicuri: c’è tutta una parte della ricerca poetica contemporanea che ha chiesto alle parole della scienza una possibilità di rinnovamento della poesia stessa. Non è solo una ragione di novità, bensì la coscienza di un esaurimento storico (come ha detto una volta Edoardo Sanguineti) del lessico della poesia e anche dei temi della stessa. Il genere lirico ha subito, nella contemporaneità, diversi attacchi e aggiustamenti, e oltre le categorie crociane, la modernità ha stabilito anche il desiderio e il bisogno di interrompere tutta una tradizione fondamentalmente petrarchesca. […]

Non sono “troppo brevi questi versi”, sono sufficienti: leali al loro compito. Sette capitoli, più una coda finale (quasi una riflessione), per aprire i sette sigilli della propria esistenza (Nel nome del padre, capitolo imprescindibile), che è quella di ognuno di noi, i sette ritorni di un incancellabile bisogno di decifrazione attraverso la poesia. “Ciò che non è stato” è sospettabile solo come un momento di passaggio, un viaggio tra tutto quello che c’è stato tolto, ma non un viaggio inutile.

Le parole di Bregoli riemergono da un fondale che sembra poco rassicurante ma hanno il coraggio della realtà. C’è, in questo momento, un diverso compito da svolgere e questa poesia lo sta svolgendo, oltre le ricorrenti “tentazioni orfiche” (Fortini) che continuamente si ripropongono alla poesia italiana.

Piero Marelli

(Dalla Prefazione a “Notizie da Patmos” – La Vita Felice, 2019)

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