Site icon La poesia di Fabrizio Bregoli

Su “L’acerbo dei ricordi” di Gianfranco Isetta (La Vita Felice, 2023)

La poesia di Gianfranco Isetta ci è ben nota e particolarmente gradita per la sua capacità di attingere alle ampie possibilità del linguaggio scientifico e della natura, senza però essere vacuamente dotta o esibizionisticamente nozionistica, anzi sempre orientata – com’è suo tipico – a una concretezza espressiva dove l’aspetto filosofico ed esistenziale rimane il più rilevante. Gianfranco Isetta è ben consapevole che il compito principale della poesia è sapersi interrogare sulla vita che, heideggerianamente, trova il proprio significato più profondo nella attesa, pacata e consapevole, del suo destino finale e dimostra nei suoi versi di non temere quella soglia ultima, non per un epicureismo di ritorno o altro materialismo di sorta, quanto per un razionalismo emotivo caratterizzato da un invidiabile equilibrio di stampo oraziano.

Gianfranco Isetta è un poeta capace di creare un colloquio con la dimensione dell’indicibile dove appunto si colloca la cancellazione della nostra esistenza per attrarre da quel potenziale vuoto una densità di significati nuovi che servano a far luce sulla prospettiva più autentica della vita stessa. Non teme di parlare spregiudicatamente con la morte, perché è l’unica possibilità per fruire completamente la vita. “Non lasciano le impronte / i passi sulle foglie, / come il soffio del vento // ma sono qui a parlarne / con molta tenerezza / pensando al mio destino.” Gianfranco Isetta è attento allora alla pregnanza di ogni piccolo dettaglio, anche alla tenerezza e al mistero racchiusi in una foglia, alla gelosia e alla caparbietà dei gatti, ma senza ingenuità o idilli facili, anzi con una profonda consapevolezza della completa aleatorietà del macrocosmo e dell’esistenza nel suo insieme, regolata dalle leggi e dai principi della fisica quantistica e delle particelle (complice in questo anche la sua formazione da statistico e la sua vorace curiosità scientifica).

La misura breve del suo verso, con la naturale predilezione per il settenario in primis, conferisce leggerezza a un lavoro che pur affrontando temi impegnativi non diventa così troppo intellettualistico. Una poesia in cui “l’acerbo dei ricordi” è consapevolmente assunto, ma senza arrendersi, senza rinunciare alla speranza. Al tono tragico, inutilmente enfatico di tanta altra poesia, Isetta preferisce un’elegante ironia, ricca di understatement, “sino alla nudità della parola” (se ” tutto è tollerabile…” per dirla con Saffo).

Un libro da leggere, questo di Isetta, da frequentare nel tempo, per coglierne il fascino discreto, mai plateale, di un autore naturalmente determinato nella sua scrittura senza però doverla mai prevaricare.

Per ulteriori informazioni sul libro si invita a consultare il sito dell’editore

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