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Poesia a confronto: Sassolini dalle scarpe

Ottantunesimo appuntamento con la rubrica “Poesia a confronto” sul blog “Laboratori Poesia“.

Il tema affrontato oggi è Sassolini dalle scarpe con il confronto fra poesie di Catullo, Angiolieri, Alfieri, Pasolini.

La poesia può essere anche lo strumento per prendersi una rivincita, per non mandarla a dire o, se preferite, per togliersi qualche sassolino dalle scarpe.

Da sempre l’epigramma è la forma principe che consente l’uso della poesia in questa modalità e sicuramente la delusione amorosa è uno dei motori principali che spinge a togliersi i famigerati sassolini dalle scarpe. Ecco allora il carme di Catullo, che sa essere spregiudicatamente impudico verso l’amata Lesbia, colpevole qui di aver definitivamente deposto la maschera dell’amante affettuosa e capace di corrispondere il poeta, e qui degradata a donna di malaffare che si aggira per i vicoli e i quadrivi romani a soddisfare i suoi più turpi piaceri. Il verso finale, così realistico e esplicito, dà evidenza del degrado morale della donna, trasformata in automa, incapace di vero amore e di fedeltà.

Il registro comico-giocoso è sicuramente congeniale per dirla per le rime a chi se lo merita. Il maestro della nostra tradizione a cui è impossibile non pensare è Cecco Angiolieri di cui presentiamo il sonetto più celebre; grazie all’insistenza delle anafore e in un andamento via via crescente nella verve ironica che lo contraddistingue, Angiolieri ci propone un testo dissacrante, che culmina nel finale a sorpresa in cui, molto prosaicamente, l’interesse spiccio, in definitiva, rimane sempre quello per le belle donne, non dimenticando di essere magnanimi verso gli altri a cui si possono pure cedere quelle brutte.

[…]

CATULLO

(Da “Carmina”, I sec. a.C.)

LVIII.

Celio, la nostra Lesbia, quella Lesbia,

Lesbia, proprio lei, la sola che Catullo

ha amato più di sé e di tutti i suoi cari,

adesso agli incroci e nei vicoli

spolpa la stirpe dell’illustrissimo Remo.

(traduzione di Fabrizio Bregoli)

CECCO ANGIOLIERI

(da “Rime”, XIII Secolo)

S’i’ fosse foco, ardere’ il mondo;
s’i’ fosse vento, lo tempestarei;
s’i’ fosse acqua, i’ l’annegherei;
s’i’ fosse Dio, mandereil’en profondo;

s’i’ fosse papa, serei allor giocondo,
ché tutti cristïani embrigarei;
s’i’ fosse ‘mperator, sa’ che farei?
a tutti mozzarei lo capo a tondo.

S’i’ fosse morte, andarei da mio padre;
s’i’ fosse vita, fuggirei da lui:
similemente faria da mi’ madre,

S’i’ fosse Cecco, com’i’ sono e fui,
torrei le donne giovani e leggiadre:
le vecchie e laide lasserei altrui.

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L’appuntamento con “Poesia a confronto” è a martedì prossimo.

Per consultare l’elenco di tutte le uscite del martedì della rubrica Poesia a confronto accedere al link.

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