Sul nuovo numero del blog CasaMatta una serie di interventi sul significato della poesia, prendendo spunto dagli scritti di Leonardo Sinisgalli
Scrivo nel mio intervento:
“Penso che uno dei migliori doni che si possano fare a un amico consista nel regalargli un libro che ci abbia colpito, entusiasmato, per poterlo con lui condividere, discuterne, scambiare reciproche opinioni (il libro di un terzo naturalmente, per evitare il classico ripiego del “pro domo sua”). Questo è quanto è successo per “Tutte le poesie” di Leonardo Sinisgalli (Oscar Moderni Baobab, Mondadori, 2020), libro che comprende quasi integralmente tutta la produzione poetica dell’autore: qui è presente la raccolta “L’età della luna”, strutturata in più parti, alcune in versi, altre in prosa con una forte matrice poetica di fondo. La parte quarta, in particolare, “L’immobilità dello scriba” verte essenzialmente sul ruolo, sulle ragioni, sul compito (tutti aspetti che non si può dare per scontato che debbano in realtà caratterizzarla) della poesia. Di questo si vuole qui ragionare, dibattere, interagire fra di noi e con i lettori sperando che grazie ai commenti possano vivificare quella che, altrimenti, si ridurrebbe alla staticità di un articolo che non è pensato, qui, a senso unico. Ecco: oggi si parla di poesia, del perché della poesia, consapevoli che quanto scriveremo è solo un tentativo mancato di chiarire il problema, il ritrovamento di qualche particella subatomica che da sola naturalmente non consente di concepire una teoria strutturata, chiarificatrice.
Partiamo allora da alcune considerazioni di base. L’immagine dello scriba fa senz’altro riferimento a un sostrato di fondo di tipo mistico o ieratico (basti pensare al ruolo strategico ricoperto dallo scriba ad esempio nella civiltà egizia, un ruolo che potrebbe dirsi di sacerdote della parola), ma in realtà può essere ricondotto anche all’immagine dell’esecutore, di qualcuno che opera per conto altrui, mano inconsapevole eterodiretta: “Scrive quasi controvoglia sul tavolo dove mangia” (pag.207), concetto ribadito più avanti con la similitudine fra scriba e ciabattino che, in modo irriverente e ironico, mentre sta realizzando il proprio lavoro, “sopra le suglie le lesine lo spago la pece apre il cartoccio di sarde”.
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