Massimo Parolini scrive sul blog “Versante Ripido” un’interessante e densa nota di lettura su Notizie da Patmos (La Vita Felice, 2019), dal titolo “La salmodia residuale di Fabrizio Bregoli“. Lo ringraziamo per l’attenzione e la cura nell’analisi, convalidata dai frequenti riferimenti ai testi, alla ricerca di quella intertestualità che è fondamentale per la comprensione del libro.
Dice Massimo Parolini:
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Bregoli scrive che ha “sempre avuto il tarlo delle scienze esatte”: attraverso la cabala, l’alchimia e la scienza sente il bisogno di dominare l’alterità, la Terra che si sottrae, il silenzio della privazione: il suo desiderio è di studiare l’amore attraverso la stechiometria (elemento e misura), branca della chimica che studia i rapporto quantitativi-ponderali delle sostanze chimiche nelle reazioni chimiche determinando matematicamente, col calcolo stechiometrico, le quantità di reagenti e prodotti coinvolti in una reazione chimica (Il reagente è ciò che si consuma, nella reazione chimica, il prodotto ciò che di nuovo si forma a partire dalla modifica dei legami degli atomi dei reagenti). E poi “grammatica, calcolo differenziale, logica formale. E l’algebra. Soprattutto l’algebra”. L’autore sembra confessare, in apertura, la sua fede come inizio del percorso di conoscenza del mondo in modo preciso, perfetto, chiuso, come in un racconto, lasciando intravedere, al termine dei componimenti, come il viaggio (nelle relazioni, nell’amore, nella vita) abbia poi ridimensionato tale tarlo (antropologico, emblema dell’uomo occidentale che ha nell’ansia dell’ Ulisse il suo simbolo): come un novello Candido scientista, convinto che il mondo delle scienze esatte sia il leibniziano migliore dei mondi possibili, Bregoli, cacciato da tale fede per una colpa originaria inespressa, attraversa le peripezie e le mille avventure per ritrovarsi, come il suo antesignano volteriano, a pranzare alla mensa della filosofia dell’orto (“I pomodori, quel nostro orto minimo/ georgica di un credo elementare”, Il nostro spazio). Ma è un orto da codice binario, disposto ai lati dell’aiola, separato nel mezzo dal “solco cupo della terra […] frontiera brada/ inospitale/ erbe infestanti, un verde da scerpare” (ibid.). La divisione risulta il solo spazio (fra padre e figlio) e l’algebra assolve a questa funzione correttiva, a integrare una mancanza fra mondi isolati, divisi. Saldare il crepaccio, colmarne il gelo. L’algebra, unione-connessione-rimedio, come la poesia, è anello di congiunzione. Arte di riparazione. “Un’unione praticabile, per costruire universi misurabili. Docili. Uno spazio dominabile. Finalmente nostro. Una paternità restituita”, “Commensura di uno spazio interdetto” (Omeomerie), “Crederla riscrivibile una vita/ manipolabile come una formula”, Schrödinger, “E noi misura di una stessa terra”, Viso a viso, “direzione/ a una misura che si compie”, Sempre e solo un’ipotesi.
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Massimo Parolini
La recensione completa è disponibile sul blog Versante Ripido, che rigraziamo per l’ospitalità.
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