Cinquantaseiesimo appuntamento con la rubrica “Poesia a confronto” sul blog “Laboratori Poesia“.
Il tema affrontato oggi è La Gelosia con il confronto fra poesie di Saffo, Catullo, Marino, Metastasio.
La gelosia è un sentimento che si insinua in modo molto subdolo nella nostra interiorità, la mina nel profondo, ci porta a dubitare e spesso a travisare la realtà, specialmente quando si associa all’amore perché porta a ritenere l’amato qualcosa di esclusivo, solo nostro: per certi versi è una faccia alternativa del nostro egocentrismo, uno specchio delle nostre fragilità e incertezze. Ma è anche evidenza del sentimento, sua testimonianza.
Di questo sentimento si occupa la poesia a partire dalle origini più antiche, come documentato dal frammento 21 di Saffo, ribattezzato e noto comunemente come “ode della gelosia”. L’ode è una raffigurazione efficace, plastica si direbbe, degli effetti fisici e corporei della gelosia che sfigurano la persona, alterano le percezioni sensoriali, la portano in una condizione di follia incontrollata e spossessamento prossimo all’idea stessa della morte. E tutto questo viene scatenato semplicemente dal sapere l’amata vicino a un altro mentre gli parla e gli sorride con dolcezza, in una (presunta) intesa amorosa.
Il carme di Catullo è un’evidente ripresa, o versione in latino come si usava al tempo, dell’ode in greco di Saffo. E tutta l’impostazione del carme, nelle prime tre strofe, è sostanzialmente simile, basandosi sulla descrizione delle alterazioni fisiche e corporee indotte dalla gelosia incontrollabile di Catullo verso chi siede vicino a Lesbia e le sorride, qui addirittura superiore agli dèi grazie a questo privilegio. La quarta strofa introduce la novità, in linea con lo spirito pragmatico della romanità: Catullo invita se stesso a rifuggire dall’otium, a non farsi travolgere dalla passione perdendo di vista le priorità della propria vita, perché questa strada può solo portare al fallimento, all’autolesionismo puro, senza senso. Insomma c’è un richiamo all’ordine come un preciso dettato etico.
[…]
CATULLO
LI.
Mi sembra identico agli dèi
anzi, se possibile, superiore agli dèi
chi, senza tregua, sedendoti di fronte
ti guarda e ti ascolta
mentre ridi dolcemente, e io misero
per questo, perdo i sensi: infatti, appena
ti guardo, Lesbia, non mi resta
voce in gola,
la lingua anzi si spezza, sotto pelle una tenue
fiamma si propaga, in un ronzio insistente
tintinnano le orecchie, gli occhi diventano
gemelli di un duplice buio.
L’ozio, Catullo, ti fa male.
Nell’ozio ti esalti e ti agiti invano:
l’ozio, prima di te, re e città
felici mandò in rovina.
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(Foto di pubblico dominio)
L’appuntamento con “Poesia a confronto” è a martedì prossimo.
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