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Poesia a confronto: La neve

Quarantanovesimo appuntamento con la rubrica “Poesia a confronto” sul blog “Laboratori Poesia“.

Il tema affrontato oggi è La neve con il confronto fra poesie di Orazio, Negri, Stevens, Zanzotto.

Elemento caratteristico del nostro inverno e elemento dal valore fortemente simbolico che si associa soprattutto al suo colore e alla sua consistenza al tatto, la neve è uno dei motivi paesaggistici e naturali più ricorrenti nella poesia, a partire dalla classicità.

Infatti iniziamo con la celebre ode di Orazio che ha come incipit la descrizione del monte Soratte ricoperto dalla “neve alta” che strema gli alberi e che implacabile domina nel gelo. Quello scorcio naturale, unito all’altro del mare in tempesta solcato dalla irruenza dei venti, è lo spunto, come spesso in Orazio, per una riflessione sulla condizione effimera dell’esistenza e, di conseguenza, sulla necessità di vivere la vita nella sua pienezza, senza timore: ritorna cioè il noto tema del “carpe diem” qui declinato con una voluttuosità e una sensualità particolari, grazie all’attenzione al dettaglio visivo, al gusto della “miniatura”. Si veda in particolare la chiusa così allusivamente delicata, capace di imprimere con efficacia l’idea del “gioco amoroso” come rimedio al “male di vivere”, all’assillo di ciò che potrebbe accadere domani.

[…]

ORAZIO

ODE IX, LIBRO I.

Vides ut alta stet nive candidum
Soracte nec iam sustineant onus
silvae laborantes geluque
flumina constiterint acuto?


Dissolve frigus ligna super foco
large reponens atque benignius
deprome quadrimum Sabina,
o Thaliarche, merum diota.


Permitte divis cetera, qui simul
stravere ventos aequore fervido
deproeliantis, nec cupressi
nec veteres agitantur orni.


Quid sit futurum cras, fuge quaerere, et
quem fors dierum cumque dabit, lucro
adpone nec dulcis amores
sperne, puer, neque tu choreas,


donec virenti canities abest
morosa. Nunc et Campus et areae
lenesque sub noctem susurri
composita repetantur hora,


nunc et latentis proditor intumo
gratus puellae risus ab angulo
pignusque dereptum lacertis
aut digito male pertinaci.

ODE IX, LIBRO I.

Vedi come si erge candido per l’alta neve
il Soratte e già non ne sopportano il peso
i boschi stremati e come per il gelo
acuto i fiumi si sono ghiacciati?

Sciogli il freddo mettendo legna
abbondante sul fuoco, Taliarco, e
versa senza risparmio dall’anfora Sabina
il vino invecchiato di quattro anni.

Lascia che gli dèi si curino del resto: non appena
loro avranno placato i venti che lottano
sul mare in burrasca, né i cipressi
né i vecchi ontani si agiteranno più.

Che cosa accadrà domani, smettila di chiedertelo, e
ogni giorno che il destino ti darà consideralo
solo guadagnato e non sperperare
i dolci amori, ragazzo, né le danze

finché da te che ancora sei nel fiore
degli anni starà lontana la deprecabile
canizie. Ora divertiti sul campo Marzio
e per le piazze, cerca appena si fa sera
i sospiri d’amore di cui è giunta l’ora,

cercalo ora il sorriso rivelatore, così prezioso,
che la ragazza ti manda da un angolo segreto
e il pegno d’amore strappato al suo braccio
o al dito che vi si oppone così debolmente.

(traduzione di Fabrizio Bregoli)

Continua sul blog “Laboratori Poesia“:

http://www.laboratoripoesia.it/poesia-a-confronto-la-neve/

Photo by Ruvim Miksanskiy on Pexels.com

L’appuntamento con “Poesia a confronto” è a martedì prossimo.

Per consultare l’elenco di tutte le uscite del martedì della rubrica Poesia a confronto accedere al link.

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