Site icon La poesia di Fabrizio Bregoli

Carlo Giacobbi su Poeti Oggi

Carlo Giacobbi è un poeta che lavora in silenzio, nel confronto serrato con i suoi versi, scavando nella sua interiorità per trovarne le ragioni profonde, l’elemento che ci rende uomini fra gli uomini.

Entro pochi giorni sarà disponibile il suo nuovo libro Abitare il transito per i tipi di Arcipelago Itaca, un lavoro che sintetizza e consolida la sua ricerca poetica degli ultimi anni.

Scrivo sulla sua poesia nella prefazione all’opera:

L’indagine poetica dell’autore si avvia necessariamente all’insegna dell’ambiguità, della difficoltà nel trovare un orientamento esatto, in un’atmosfera da labirinto surreale e borgesiano: “senza null’altro poter fare / che ritrovarsi a percorrere corridoi / che danno su porte, su altri corridoi, su altre porte / e così, di seguito”, porte da aprire, corridoi da percorrere in una molteplicità di prospettive equivoche, o ancora gioco di specchi deformanti che sono traslato evidente della precarietà del divenire (“quello spillo nel cervello di sapere / la cera non eterna”), oggetto della disquisizione e dell’impresa che ambisce al suo superamento. C’è una fiducia solida, tuttavia, che anima la ricerca dell’autore, perché “in fondo la tenebra è codarda,” […] “diserta / già al lucore d’un cerino”, c’è la consapevolezza di una congiunzione con l’Essere che ci attende, c’è la possibilità di “contemplar[e] da questa lontananza”: insomma una distanza che può essere colmata, con la persistenza, la fede in ultima istanza. Il solo approccio razionalistico è insufficiente, manchevole nella sua logica, solo in apparenza, inflessibile: non è possibile “ridurre l’essere al mondo a conto / che ribatte, a discorso che fila o a teorema che quadra”, c’è altro, c’è un oltre a cui occorre tendere, “losco disegno del caos o del caso o di cosa / da capire restando da capire”, come si dice ancora con questo splendido bisticcio, sintomatico della conflittualità in atto, non certo gioco verbale o preziosismo fine a se stesso. Il verso decorativo è una tentazione esclusa a priori dalla poesia di Giacobbi, così enunciativa, schietta, nuda.

[…]

Questa tensione conoscitiva permea la poesia di Carlo Giacobbi, soprattutto in questa prova, e orienta l’orizzonte prosodico della sua scrittura: siamo di fronte a una poesia speculativa, che indaga il senso dell’esistenza servendosi di un’argomentazione lucida e circostanziata, certo attraversata anche da slanci metaforici e figure che arricchiscono la dizione, ma senza mai perdere di vista la centralità dell’esposizione. Ne deriva una chiarezza disarmante e scientifica al tempo stesso, sempre in bilico “tra il nulla / che ghermisce e il tutto che chiama”, una poesia metafisica e argomentativa in senso stretto, senza essere orfica o oracolare. E questa è la sua cifra specifica, la sua novità.

Ecco un’anticipazione apparsa su Poeti Oggi. Buona lettura!

Exit mobile version