Site icon La poesia di Fabrizio Bregoli

I fondamentali: Orazio

I, 11

Tu ne quaesieris, scire nefas, quem mihi, quem tibi

finem di dederint, Leuconoe, nec Babylonios

temptaris numeros. Ut melius, quidquid erit, pati!

Seu pluris hiemes seu tribuit Iuppiter ultimam,

quae nunc oppositis debilitat pumicibus mare

Tyrrhenum, sapias: vina liques et spatio brevi

spem longam reseces. Dum loquimur, fugerit invida

aetas: carpe diem, quam minimum credula postero.

I, 11

Tu non chiedere – non è lecito sapere – quale sorte gli dèi

diedero a me, quale a te, Leuconoe, e non scomodare i vaticini

babilonesi. Quant’è meglio, qualunque cosa accada, accettarla!

Che Giove ci riservi ancora molti inverni, o sia questo

l’ultimo, questo che ora sfianca tra opposti scogli di pomice il mare

dei Tirreni, tu sii saggia: versa il vino e taglia corto con la speranza

che crede di saperla lunga. Mentre parliamo, già fugge invidioso

il tempo: afferra l’attimo, confidando, meno che puoi, nel futuro.

(traduzione di Fabrizio Bregoli)

Immagine di pubblico dominio tratta da https://en.wikipedia.org/wiki/Horace#/media/File:Horaz_beim_Studium.jpg
Horaz beim Studium. Holzschnitte, aus: Quintus Horatius Flaccus, Opera, Straßburg: Johann Grüninger, 1498. Gutenberg-Museum Mainz, Stb Ink 888

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