Quarantaduesimo appuntamento con la rubrica “Poesia a confronto” sul blog “Laboratori Poesia“.
Il tema affrontato oggi è Figli, con il confronto fra poesie di Omero, Kipling, Gibran, Piersanti.
Gli affetti famigliari sono uno dei motivi chiave della poesia, come della vita. Dopo avere affrontato i temi relativi alla figura della madre, del padre, dell’amore coniugale, della perdita dei propri cari è ora il momento dei figli.
Tutti ricorderanno, fin dalle letture liceali, lo splendido episodio tratto dal Canto VI dell’Iliade in cui Ettore saluta la moglie Andromaca prima di dover affrontare la prossima battaglia contro i Greci. Alla fine di questo episodio Ettore rivolge il suo saluto anche al piccolo Astaniatte, all’inizio spaventato dall’armatura minacciosa del padre che, sorridendone con Andromaca, è costretto a togliersi l’elmo, a deporre il suo ruolo di eroe per incarnare quello semplicemente di padre che alza al cielo il figlio, lo benedice augurandogli un futuro di onori e di gloria. Il tono epico e solenne che è proprio dell’Iliade assume qui una sospensione temporanea, per dare spazio a un intenso e struggente quadro famigliare: Ettore da guerriero imperturbabile, fedele nella missione richiesta dalla difesa della sua patria, torna qui a essere padre, uomo che deve innanzitutto difendere suo figlio.
[…]
OMERO
(Da “Iliade” – nella traduzione di Vincenzo Monti, 1825)
Dal Canto VI
Così detto, distese al caro figlio
l’aperte braccia. Acuto mise un grido
il bambinello, e declinato il volto,
tutto il nascose alla nudrice in seno,
dalle fiere atterrito armi paterne,
e dal cimiero che di chiome equine
alto su l’elmo orribilmente ondeggia.
Sorrise il genitor, sorrise anch’ella
la veneranda madre; e dalla fronte
l’intenerito eroe tosto si tolse
l’elmo, e raggiante sul terren lo pose.
Indi baciato con immenso affetto,
e dolcemente tra le mani alquanto
palleggiato l’infante, alzollo al cielo,
e supplice sclamò: Giove pietoso
e voi tutti, o Celesti, ah concedete
che di me degno un dì questo mio figlio
sia splendor della patria, e de’ Troiani
forte e possente regnator. Deh fate
che il veggendo tornar dalla battaglia
dell’armi onusto de’ nemici uccisi,
dica talun: Non fu sì forte il padre:
E il cor materno nell’udirlo esulti.”
UMBERTO PIERSANTI
(Da Nel tempo che precede – Einaudi, 2002)
[…]
Jacopo che tra gli altri
passa, senza guardare,
dondola il grande corpo
e li sovrasta,
abbracciò un cavallo
e poi pendeva
dopo riuscì ad alzarsi,
rise forte
figlio che giri solo
nella giostra,
quegli altri la rifiutano
così antica e lenta,
ma il padre t’aspetta,
sgomento ed appartato
dietro il tronco,
che il tuo sorriso mite
t’accompagni
nel cerchio della giostra,
nella zattera dove stai
senza compagni
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L’appuntamento con “Poesia a confronto” è a martedì prossimo.
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