Site icon La poesia di Fabrizio Bregoli

Su “In che luce cadranno” di Gabriele Galloni

Sono passati più di due anni da questa recensione apparsa sulla rivista on-line La Recherche; era il 7 Settembre 2018, sembrano secoli oggi.

Parole che rilette assumono una luce nuova.

Addio Gabriele e grazie per la tua poesia: quella resta.

“Eleggere a tema di una silloge poetica il mondo dei morti, visto come una comunità sui generis a mezzo fra l’utopico e l’escatologico, è senz’altro tentativo ambizioso, che come tale va misurato, con tutti i rischi che questo può comportare se sceglie di diventare materia poetica. Il giovane poeta Galloni si cimenta in un’impresa che ha una serie numerosa di ascendenti nella tradizione letteraria, dai più antichi fino ad alcune delle pietre miliari della poesia contemporanea, grandi maestri con i quali diventa inevitabile per Gabriele il colloquio.

I morti non è quel che di giorno
in giorno va sprecato, ma quelle
toppe di inesistenza, calce o cenere
pronte a farsi movimento e luce.
Non
dubitare, – m’investe della sua forza il mare –
Parleranno.

(Vittorio Sereni)

Verranno

una notte inattesa e prenderanno 
possesso della città: nerastri, untuosi, 
le algose chiome
 sciogliendo,
a sconvolgere verranno, per tingere,
infine, di catrame
i rami, e benzinose essenze.

(Fabio Pusterla)

Così a volte succede che nel buio 
si insanguini un volto, una mano 
ci implori – così c’è 
chi ignora e chi invece ha nel cuore 
la comunione dei vivi e dei morti 

(Giovanni Raboni)

[…]

Parlare dei morti è, per paradosso, l’espediente migliore per riferirsi in realtà ai vivi, che da termine di paragone diventano, con un capovolgimento di ruoli, i veri protagonisti dello scritto. Come dice l’autore “la musica dei morti è il contrappunto / dei passi sulla terra” (questo il distico che suggella la raccolta) e sono proprio i morti a poter affidare ai vivi prospettive nuove, “le coordinate per un’altra vita”, comunicando per accenni, segnali ambigui che vanno per l’appunto decodificati dai vivi e “sono i lapsus, gli inciampi, l’indicibile / della conversazione.  Sanno amarci // con una mano – e l’altra all’Invisibile”. Ed è la parola il tramite autentico di questa comunione, la sua forza nel farsi nominazione e in tal modo favorire la riappropriazione del nostro spazio più autentico, come viene ben espresso in questi versi

Preferiscono

ricordarsi di un nome,

scomporlo in sillabe, accorgersi che è il loro.

[…]

E il dire poetico di Galloni procede senza esitazioni, con una buona costruzione d’insieme, non sempre comune per un autore così giovane, che dà ottima prova di profondità ed originalità, di tenuta del ritmo, di compattezza nell’architettura dell’opera.

Pertanto mi fa piacere chiudere con questi suoi versi […] perché la poesia è soprattutto atto di difesa della vita, creazione di uno spazio abitabile grazie alla parola.

Un corpo morto non è abbandonato.

Ignora – è verità – le altre creature;

ignora i diktat dell’eternità.

Ma stanne certo: un giorno tornerà

alla vita e avrà voce di Creatore.

La recensione completa sul sito de La Recherche

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