La recensione è disponibile come Recensione del venerdì sul sito La Recherche

Di seguito riportiamo alcuni stralci:
Andrea Castrovinci Zenna sceglie per il proprio esordio in poesia una raccolta estremamente compatta, tutta centrata sulla figura della madre scomparsa a causa di una malattia improvvisa e fortemente debilitante, e struttura il suo lavoro in un’ampia narrazione in versi che traccia una sorta di cronistoria dalla scoperta drammatica della malattia passando per la scomparsa della madre, mentre si trova sola in una stanza d’ospedale, fino ai giorni dell’elaborazione – necessaria – del lutto: percorso in realtà che viene evidenziato in tutta la sua complessità, nell’impossibilità di superare un dolore che tale rimane, con evidenza insopprimibile. All’autore va sicuramente riconosciuto il coraggio di avere affrontato una tematica estremamente personale, scegliendo di condividerla con il lettore, puntando evidentemente a quel processo di mimesi da parte del lettore grazie alla forte partecipazione emotiva che situazioni di questo tipo – drammaticamente reali – spontaneamente inducono. E Castrovinci riesce indubbiamente nell’intento del coinvolgimento: il tema della perdita è alla radice stessa della parola poetica, è il termine con il quale è impossibile non confrontarsi, il nodo ineludibile da cui nasce la scrittura in versi. […]
Concludendo, è naturale che un’opera prima contenga al proprio interno quella componente di emulazione dei propri maestri, quella messa a fuoco, magari non sempre precisa, ma che l’esperienza saprà dosare e combinare con maggiore equilibrio. In ogni caso è apprezzabile l’idea che sottende alla coesione interna dell’opera, la capacità di indagine interiore e di colloquio con la propria solitudine che bene emergono e inducono empatia nel lettore. È innegabile l’autenticità della dizione, così come la passione sincera per il verso, il volersi mettere al suo servizio. E questo è senz’altro un valore importante, da coltivare in poesia.
La recensione integrale può essere letta su:
Una poesia tratta dal libro: “Il giorno dei morti”
“Gemmea l’aria il sole…”
No. Non è chiaro, affatto, questo giorno:
perdono i platani foglie sul lucido
asfalto e l’acero arrossa caduco;
i fiori notturni schiudonsi stanchi,
greve e la pioggia che plumbea grigisce:
vana illusione d’una primavera,
vano sognare quel tempo che c’era;
Romba la pioggia, scroscia la bufera;
giorno dei morti, mutilo mi trovi,
esile e pallido come un lenzuolo
pallido e magro, solo, solo, solo.
Novembre sei gelido come
a chi resta dei morti non resta
nient’altro che un nome.